Luciana Trotta

 (© Adriano Silingardi)

Nello studio di Edoardo Alfieri, 1970 (© Adriano Silingardi)

Mostra alla Galleria Il Vicolo, 1970 (© Adriano Silingardi)

Performance con Rocco Borella, 1972 (© Adriano Silingardi)

Luciana Trotta nasce a Bergamo nel 1950 e presto si trasferisce a Genova dove frequenta il liceo artistico dell’Accademia Albertina con professori come Gianfranco Bruno, Edoardo Alfieri, Guido Basso. Nel 1968 inizia a frequentare l'Accademia Ligustica di Belle Arti dove studia pittura con Raimondo Sirotti e Rocco Borella e si specializza nella tecnica dell’acquaforte con Franco Leidi. Espone per la prima volta le sue acqueforti in una mostra collettiva di giovani incisori nel 1970 alla Galleria il Vicolo; Alf Gaudenzi nella presentazione della mostra scrive:  “…dopo aver ammirato le incisioni esposte, alcune delle quali potrebbero essere firmate da artisti di ben più nota fama, ci dichiariamo lieti e un pochino orgogliosi, di aver contribuito a far conoscere ed apprezzare tante nuove ed interessanti forze nel campo della grafica…”. Genova in quegli anni vede nascere interessanti esperienze artistiche e Luciana Trotta ha modo di confrontarsi con molti artisti.  Continua a dipingere ma la sua esperienza si estende anche al mondo del teatro, fondando con altri nel 1976 la Cooperativa Lo Stregatto che opera nelle scuole e nelle piazze di Genova e della Liguria. Nel 1978 presenta a Palazzo Ducale la mostra “Diario di una esperienza di animazione” e dal 1979 si dedica alla ricerca nel campo delle marionette e dei burattini nell’atelier di Stradone Sant’Agostino. Nel 1981 allestisce “L’altra faccia della luna”, spettacolo di piazza e l’anno successivo presenta in una mostra i risultati di un intenso lavoro rivolto all’applicazione di nuove tematiche sociali per la creazione di comunità alloggio per anziani e giovani disabili. In quegli anni si fa sempre più forte il legame tra la sua ricerca creativa e l’ambiente sociale in cui lavora, il mondo degli emarginati, dei disabili, delle persone “non produttive”. Nel 1989 inizia a collaborare con il Servizio di Salute Mentale, conducendo laboratori espressivi di stampa d’arte, ceramica e pittura e gestendo il laboratorio espressivo di manipolazione e costruzione ceramica con adolescenti audiolesi. Lavora per anni con Antonio Slavich e Claudio Costa alla fortunata stagione che trasforma l’Ospedale Psichiatrico di Genova Quarto e collabora alla creazione dell’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli all’interno dell’Ospedale Psichiatrico. Luciana descrive così il suo lavoro all’Ospedale Psichiatrico: «la manipolazione e le varie fasi del laboratorio di arteterapia corrispondono al ripercorrere delle tappe delle varie età psicologiche, analizzandole. L’esperienza tattile, il toccare, il sentire, il gioire nel costruire, nel disfare, nell’aggiungere, nel togliere danno all’attività di manipolazione una nuova conoscenza; il contatto, lo sporcarsi le mani con l’argilla, il deformare, il crepare, lo spezzare, il conoscere intimamente la materia aiuta anche a conoscere la corporeità e diviene un gioco e un’emozione. Tutti i partecipanti all’attività inizialmente producono oggetti conosciuti, familiari; in un secondo momento si esprimono con rappresentazioni figurative del proprio vissuto, dalle caratteristiche più intime e simboliche. Lo svolgimento dell’attività è deciso dal gruppo, stimolato dal conduttore: si propone di costruire un oggetto, una scultura; ognuno è libero e incoraggiato a gestire autonomamente il proprio lavoro. Il partecipante al gruppo richiede all’operatore un supporto tecnico e manuale e reagisce abitualmente comunicando al gruppo, mentre lavora, la propria storia e la propria sofferenza». L'insofferenza per il gesto ripetitivo la porta sempre verso nuovi confini. La terra, l'acqua, il fuoco: tre elementi basilari per l'uomo, da sempre fonti di vita, di cibo, di calore, ma anche di bellezza, di arte, di tutto ciò che è espressione primaria del pensiero e delle emozioni umane. Combinando questi elementi si ottengono cose che danno il senso della vita interiore, della passione, della gioia. Luciana Trotta manipola questi elementi per molti anni, sperimentandone le potenzialità e gli effetti, dando vita a opere sempre diverse e sempre nuove, nelle quali tuttavia si riconosce il segno distintivo del suo lavoro. Dal 1995 ha uno studio stabile in Via San Luca con altri artisti. Nel 1996 organizza uno spettacolo di burattini, tappa finale di un lungo lavoro al Centro per la Riabilitazione Psichiatrica di Via Pisa e nel marzo del 1997 allestisce nella galleria San Donato la mostra “La Festa, il Teatro, la Poesia”, frutto del lavoro collettivo.  Nello stesso anno cura la messa in scena di un altro spettacolo di marionette, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, rappresentata in varie città italiane e a Palazzo Ducale a Genova nel 1998 nell'ambito della mostra internazionale “Le figure dell'anima, arte irregolare in Europa”.  Nel 2002 partecipa con un’opera di grande formato al Premio Internazionale di Pittura Focus Albengoa di Siviglia. Collabora con varie realtà artistiche come Artelier di Palazzo Ducale e l’Associazione Satura di piazza Stella attraverso mostre personali e collettive. Negli anni rimane vicina all’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto, collaborando con l’Associazione che organizza attività culturali negli spazi dell’ospedale. L’esperienza nata dai viaggi e dallo studio di culture diverse, questo è lo sfondo su cui si sviluppa il percorso figurativo e la ricerca del colore nei lavori degli anni ‘90. Le suggestioni del Mediterraneo, l’influenza dell’Asia Minore e dell’Africa, i suoni, le forme, i colori, gli odori, l’architettura delle capanne e i graffiti dei pastori, l'arte sacra dell'Italia del sud e i contrasti della terra ligure ispirano un modo di disegnare e modellare che unisce in un abbraccio gli aspetti delle persone e delle cose che ci circondano. Anche vivere nel Centro Storico di Genova è un’esperienza quotidiana, la diversità minuta dei suoni, degli odori e dei comportamenti riporta a quello che si è visto in altri luoghi, dove “diverso” era il viaggiatore; è la ricerca di radici comuni, ma anche della propria identità da conservare, il ritrovare cibi, musiche o parole che popoli diversi condividono da secoli. Luciana Trotta si vale del gioco e del colore come conoscenza dell’altro, come gioco di relazione o dell’immaginario, con strumenti di comunicazione e linguaggi espressivi differenti che non sono necessariamente costretti nella parola, nel gesto o nel segno. Ecco quindi svilupparsi una straordinaria saga popolata di personaggi, di storie, di favole e di simboli misteriosi, diluiti nelle sfumature delicate degli acquarelli o nelle dense tonalità degli acrilici, o nelle asperità della creta. La favola, dicevamo, grande ispiratrice, che invade e condiziona il lavoro dell’artista e, forse, la sua vita. La tecnica delle opere è frutto anch'essa di questo gioco, di questa filosofia sdrammatizzante che unisce stili e materiali per creare oggetti e dipinti compositi, dove il vetro si fonde nella ceramica o viene incorporato negli acrilici, a loro volta stesi sulla tela, o sul gesso, o sulla cartapesta. La stessa esplosiva vitalità delle opere di oggi l’abbiamo conosciuta nelle passate esperienze di Luciana Trotta con altre forme d’arte, le marionette e i burattini, le acqueforti, il teatro di strada e l’animazione. È difficile catalogare il lavoro di Luciana Trotta, costringerlo ad entrare in una tipologia o darne una definizione univoca; d'altra parte è proprio quello che questa artista tenacemente persegue, l'indipendenza, l'indisciplina e il bisogno di creare un senso di spiazzamento negli altri, sempre con grande allegria e intelligenza. Suoi lavori sono presenti nel Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli ed in numerose collezioni private in Italia ed all’estero.

A.S.